martedì 12 novembre 2024

La rivoluzione industriale dei BRICS+: rischio o opportunità?

 

© Foto: Pubblico dominio

di Lorenzo Maria Pacini 

2 Novembre 2024 

Cogliere le opportunità nascoste nel progetto di una rivoluzione industriale è un passo cruciale nella scelta del senso etico da dare alle trasformazioni che ci attendono.

La fase di transizione e trasformazione dei mercati e della politica globale, passa attraverso uno slancio di cambiamento nel mondo della tecnologia che coinvolge l'intero settore dell'industria e della tecnologia. Un processo che suscita fascino e interesse, ma anche preoccupazioni e riflessioni sui rischi di una realtà distopica e pericolosa per la sussistenza dell'essere umano come soggetto dominante sul pianeta. Già, l'intelligenza artificiale ci sta interrogando profondamente e sta cambiando la vita quotidiana di miliardi di persone con grande velocità. Il progresso tecnologico, grande mito del XIX secolo, è uno degli spazi più decisivi per la vita sociale e politica. L'evoluzione umana non può essere fermata, ma può essere indirizzata secondo l'etica. Ciò che è difficile in questo periodo della storia umana è discernere le opportunità dai rischi, comprendere quali tecnologie siano effettivamente al servizio del bene comune e quali, invece, siano strumenti delle élite per dominare le masse. Una riflessione attuale è quella attorno alla proposta di una "rivoluzione industriale 4.0" promossa dai BRICS+.

Capitolo quattro: entrano in gioco i BRICS

Quarta Rivoluzione Industriale (nota anche come Industria 4.0). Non è il titolo di una convention di marketing per CEO di carriera, è il titolo del nuovo programma lanciato dai BRICS per rispondere alle sfide della trasformazione tecnologica. Un ricorso storico che si presenta puntualmente all'umanità. Cercheremo di capirlo analizzando un articolo recentemente pubblicato sul BRICS Journal of Economics .

Nei paesi BRICS, sia quelli fondatori che i nuovi entranti, bisogna affrontare l'adattamento delle politiche industriali. La rivoluzione già in atto nel mondo è caratterizzata da un'ampia digitalizzazione, che integra tutti gli asset fisici in ecosistemi digitali e coinvolge tecnologie avanzate come l'intelligenza artificiale, la robotica e l'Internet of Things (IoT).

L'introduzione di queste tecnologie potrebbe minare i tradizionali vantaggi competitivi dei paesi in via di sviluppo, basati su bassi costi del lavoro. Ad esempio, l'automazione e la stampa 3D potrebbero ridurre la necessità di riconfigurare le supply chain, rendendo i paesi BRICS meno attraenti per gli investimenti diretti esteri (IDE). La Cina, in particolare, si distingue per il suo livello di automazione e innovazione, mentre gli altri stati BRICS rischiano di restare indietro.

D'altro canto, le tecnologie IoT possono migliorare la competitività dei Paesi meno sviluppati semplificando le comunicazioni lungo le catene di fornitura e riducendo la dipendenza dal lavoro umano, con la conseguenza che i vantaggi comparati non si baseranno più solo sulla manodopera a basso costo, ma sulla disponibilità di capitale e di una forza lavoro altamente qualificata.

La rivoluzione 4.0, afferma la pubblicazione, porterà anche a una riorganizzazione delle catene globali del valore (GVC), favorendo una maggiore specializzazione e dispersione geografica dei processi produttivi che, se non adeguatamente compensata da una formazione specializzata o da una sufficiente sostituzione del lavoro umano con le macchine, potrebbe portare a una ridotta disponibilità di lavoratori qualificati e a infrastrutture insufficienti, il che potrebbe ostacolare la loro capacità di competere con le nazioni più sviluppate.

Sebbene l'Industria 4.0 offra opportunità di crescita, presenta anche notevoli rischi per i paesi membri dei BRICS, che richiedono un'attenta pianificazione delle politiche industriali per sfruttare al meglio le nuove tecnologie e non restare indietro nel panorama economico globale.

I BRICS e l’indice di prontezza in rete

Parliamo di indici, un tema forse noioso ma indispensabile per l'analisi geoeconomica. Ci riferiamo al Networked Readiness Index (NRI) e a un indice di prontezza produttiva futura, entrambi valutando vari fattori quali tecnologia, governance e capitale umano.

I BRICS si classificano a metà classifica rispetto ai paesi del G7, con punteggi inferiori in diversi indicatori chiave. La Cina emerge come leader all'interno del partenariato, con vantaggi significativi nella legislazione, nell'accesso a Internet e negli investimenti in R&S, sebbene presenti debolezze nella regolamentazione e nell'inquinamento ambientale. Segue la Russia, con buone prestazioni nelle tecnologie pulite e nella qualità dell'istruzione, ma deve affrontare sfide nella regolamentazione e nell'applicazione della legge. Il Brasile si distingue per l'uso di tecnologie pulite e la qualità dei servizi pubblici online, ma soffre di una regolamentazione inadeguata. Il Sudafrica ha una buona legislazione sull'e-commerce ma soffre di gravi disuguaglianze e problemi di qualità della vita. Infine, l'India, sebbene in fondo alla classifica, ha punti di forza nei servizi elettronici governativi, ma deve affrontare sfide significative come la scarsa connettività Internet e i problemi ambientali. I dati dei nuovi membri che hanno aderito nel 2024 non sono ancora integrati (ma attendiamo tali dati, che potremmo integrare in un altro articolo).

Analizzando il secondo indice, emerge che i BRICS sono almeno in parte indietro rispetto ai paesi del G7 in termini di complessità produttiva e condizioni istituzionali. Sebbene Cina e India abbiano punti di forza simili in aree come la dimensione del mercato e il contributo della spesa pubblica all'innovazione, entrambe affrontano problemi come la bassa penetrazione della telefonia mobile. La Russia ha vantaggi nell'ICT e nel capitale umano, ma deve migliorare la sua regolamentazione e il commercio estero. Il Brasile è bravo negli investimenti, mentre il Sudafrica ha una buona rete di distribuzione, ma soffre in termini di capitale umano e sostenibilità.

Manca ancora qualcosa, quindi. Ed è qui che la famigerata Rivoluzione Industriale firmata BRICS vuole prendere il suo posto.

I punti programmatici del progetto Industria 4.0

Per risolvere gli svantaggi, la partnership ha adottato un progetto che continuerà a sviluppare i seguenti punti:

1. Posizione dei BRICS

La Cina si distingue come leader, seguita dalla Russia, mentre gli altri BRICS mostrano performance inferiori, con il settore ICT in Cina e India in forte crescita. Sebbene il contributo dei BRICS al PIL globale sia raddoppiato negli ultimi due decenni (23,5% nel 2018), solo la Cina è tra le prime 25 economie mondiali in termini di complessità economica (che è diversa dal PIL).

2. Sfide e opportunità

I BRICS, ad eccezione della Cina, continuano a essere fornitori di beni tradizionali a basso valore aggiunto. La crescita delle loro esportazioni è legata principalmente alle materie prime. L'introduzione delle tecnologie dell'Industria 4.0 presenta rischi di perdita di posti di lavoro, soprattutto nei settori minerario e agroalimentare, ma offre anche opportunità per lo sviluppo delle PMI e la creazione di nuovi settori.

3. Differenze interne e sviluppo tecnologico

Le differenze interne tra i membri della partnership riguardano l'attività di investimento e il capitale umano. La Cina accumula competenze tecnologiche attraverso gli investimenti, mentre gli altri paesi dipendono maggiormente dagli investimenti esteri, dall'accesso alle risorse digitali e dalla formazione della forza lavoro, essenziali per la loro futura competitività.

4. Politiche necessarie

Le politiche economiche devono essere riviste per rispondere alle sfide dell'Industria 4.0, che comprende programmi commerciali strategici, un ruolo rinnovato dello Stato nell'economia, la ristrutturazione dei sistemi di supporto alle imprese e una serie di regolamentazioni sperimentali per le tecnologie emergenti, il tutto di pari passo con la necessaria lotta alle disuguaglianze regionali, incoraggiando lo sviluppo nelle aree meno avanzate.

La capacità dei BRICS di integrare le tecnologie dell'Industria 4.0 influenzerà in modo significativo i loro percorsi di crescita economica e la loro posizione nel mercato globale.

Una necessaria riflessione etica

A una prima lettura del documento Industria 4.0, sembra di trovarsi di fronte a una proposta che ha qualcosa di molto simile alla Quarta Rivoluzione Industriale promossa dal World Economic Forum, così come enunciata da Klaus Schwab, quindi globalista e anti-multipolare.

Bisogna allora chiarire alcuni punti. Innanzitutto lo sviluppo tecnologico non è un male in sé, è parte dell'evoluzione umana individuale e sociale, è sempre stato presente nella storia ed è improbabile, oltre che fisiologicamente quasi impossibile, che si arresti. L'essere umano è un essere creativo. Il problema si sposta allora su un altro aspetto, ovvero "chi gestisce i mezzi di produzione", avrebbe detto Karl Marx, cioè per quale motivo e con quale utilità avvengono certe rivoluzioni tecnologiche: se siano per il bene della comunità o se siano per gli interessi di pochi che travolgono i molti, cambia tutto. Sul come discernere cosa sia veramente bene comune e cosa invece sia bene di pochi ma fatto credere bene comune, entriamo in un altro livello dell'etica, con le sue regole e i suoi meccanismi. Tuttavia è vero che l'accelerazione in atto è difficile da gestire e spesso sembra sfuggire di mano, perché è un fenomeno diffuso a livello globale, con diverse velocità di avanzamento, con diversi padroni. Sembra quasi che la situazione stia costantemente sfuggendo di mano. In particolare, le tecnologie digitali appaiono inesorabilmente più veloci e più forti dell'azione umana.

Anche la questione dell'impiego umano o tecnologico nel lavoro resta aperta, come lo era già nell'Ottocento: la macchina può sostituire l'uomo? Di più: è ammissibile che la macchina sostituisca l'uomo?

Qui il problema prende due direzioni diverse. In primo luogo, siamo stati abituati a vedere il lavoro come un elemento indispensabile della vita umana, ma con la modernità è diventato la trappola dell'uomo, che ora se ne ritrova schiavo. Il modello dell'uomo di successo di oggi è colui che fa lavorare il denaro per sé, non il lavoro per il denaro; è il ricco che può permettersi di non lavorare, esattamente come era secoli fa e come non ha mai smesso di essere. Eppure, il lavoro è stato esaltato come la via per l'emancipazione e la realizzazione della vita umana, sia individualmente nel capitalismo che collettivamente nel socialismo. Probabilmente - lanciamo una provocazione - le trasformazioni in corso ci costringono a ripensare la centralità del lavoro. Che tipo di società avremmo se, al posto del lavoro, al centro ci fossero gli hobby, o la realizzazione dei propri sogni e progetti, o la felicità al posto del salario? Sono domande volutamente provocatorie, ma necessarie, perché la de-antropizzazione del lavoro, con la sostituzione della tecnologia, spinge in realtà l'umanità verso una sorta di "liberazione" dal gioco del lavoro. E una volta liberati, o si rimane veramente liberi, o si rischia di diventare schiavi di qualcos'altro.

La seconda direzione è quella che può trasformare questo processo in una trappola, aprendo a un mondo distopico in cui l'umanità cade in una schiavitù orwelliana, dove la resistenza è una specie di luddismo necessario per sopravvivere. Oppure, una possibile riforma della coesistenza tra uomo e tecnologia, un processo che è già in atto e che richiede ancora una riflessione seria e decisa, che porti a processi educativi per preparare le generazioni future a essere pronte, non in ritardo.

Una rivoluzione industriale come quella pianificata dai BRICS è da vedere anche nella logica strategica, quindi squisitamente geopolitica, di tenere testa all'avversario occidentale. La vittoria, nella sfera geo-economica, non si ottiene nel breve termine. Senza un'adeguata preparazione e perseveranza nelle politiche di riforma, c'è il rischio del fallimento del progetto BRICS stesso.

Cogliere le opportunità nascoste nel progetto di una rivoluzione industriale è un passo cruciale nella scelta del senso etico da dare alle trasformazioni che ci attendono. 

Fonte:

https://strategic-culture.su/news/2024/11/02/the-brics-industrial-revolution-risk-or-opportunity/

Traduzione di René-Henri Manusardi 




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